Spoglio

M’ha chiesto di invitarti

qualche turba psicologica

—non era nostra intenzione!—

per paura di chissà quale disastro argentino.

E per tre giorni pianificai

giornate oberate di appuntamenti e impegni.

Perché l’ha obliato?

Vorrei esporlo tale particolare,

e quando preme tra le gambe

il tempo si dilata a dismisura.

(poesia con colonna sonora)

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Panni stesi

Caldo. Molto caldo. La mia mente lo associa a Venezia. Biennale d’Arte Moderna. Ho voglia di andarci. Non in questo periodo.

Poi scatta un’altra associazione di idee: panni stesi.

Poco prima dei Giardini della Biennale, se si raggiunge l’esposizione a piedi, si vedranno questi famigerati indumenti stesi ad asciugare.

Ovviamente la composizione varia, ma il ricordo del filo steso tra due palazzi, con dei capi di vestiario appesi, è un’immagine nitida. Un ricordo vivo.

Più delle opere esposte, più degli artisti presenti, quei panni sono entrati nel mio immaginario, e in questo pensiero semplicistico, mi domando se l’immagine di quella calle, così nitida e prepotente, sia dovuta alla bellezza del gesto semplice, e comune a tutti. Inoltre mi chiedo se l’Arte esposta nella sua massima espressione,  in questo strano confronto, ne esca sminuita tanto da risultare inutile.

Ma è proprio nell’inutilità che risiede lo scopo ultimo dell’Arte.

E come Nan-bo Zi-qi che, trovandosi al cospetto di un albero imponente, chiedendosi a cosa potesse servire avendo questi un tronco nodoso inutilizzabile per costruire bare, e rami tanto curvi e nodosi da non poterli usare come travi o tetti, posso solo esclamare Quest’albero è davvero inutilizzabile! Per questo ha potuto raggiungere tale altezza. Già! L’uomo divino è anche lui null’altro che legno inutilizzabile![1]

Note: [1] Zhuang-zi, Adelphi 2013, pag.46, a cura di Liou Kia-hway