È la pioggia ad accompagnare il risveglio

È la pioggia ad accompagnare il risveglio. Silenti fragori si infrangono sull’esistenza ancora assopita e odo, in lontananza, una sirena. Lampi bluastri solcano ciò che rimane della notte.

Effettuo qualche profondo respiro, e attendo l’alba. I primi raggi solari si affacciano alle spalle dei monti alpagoti, e nuove onde sonore riempiono l’aria.

Seduto in silenzio passo in rassegna pensieri, ricordi e volti. Li guardo con occhi vigili e distanti. Osservo l’esistenza passata facendone tesoro accantonando giudizi e osservazioni. Nella continua rivoluzione del mio essere scopro nuove sfumature e antiche tonalità.

In questa continua rivoluzione del mio essere mi respiro, taciturno.

i monti dell’Alpago

Che sia per il profumo

Che sia per il profumo umido della pioggia, o per il lieve baluginio dei primi raggi solari ad accarezzare i monti, il mattino riserva sempre un lungo istante speciale.

Nel mio tragitto incontro lepri, caprioli, a volte cervi e, quando sono fortunato volpi e tassi. E le gazze? Sono ovunque con la loro irriverenza, per non parlare degli stormi di gracchi spudoratamente ciarlieri.

Tutto ciò è bellezza, ma non tanto affascinante come passeggiare o correre sotto la pioggia.

È una sensazione benefica. Ti sciacqua i pensieri rigenerando il corpo.

In ogni stagione faccio almeno un’uscita sotto la pioggia senza riparo alcuno e, se stai leggendo queste righe, ti invito a farlo. Giusto per amarti un po’.

(continua sotto l’immagine)

ADOTTA UN POETA

Proprio così, adotta un poeta o, per meglio dire, uno ei suoi componimenti. Un libro non sporca, non devi farlo uscire per fare i bisogni, e non o devi nemmeno sfamare! Anzi, ricambia la fiducia donandoti emozioni.

E allora, cosa aspetti? Adottami!

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Stamattina la pioggia era furiosa

Tra le 4 e le 5, stamattina, la pioggia er furiosa. Pareva volesse fare tabula rasa. L’acqua non basta a togliere il sudiciume, serve anche una mano decisa e operosa.

Poi è arrivato il vento arrogante. La pioggia furiosa s’è placata, e l’ululato ha inghiottito tutto.

È piacevole ascoltare l’irruenza di pioggia e vento; si ha quasi la sensazione che, allungando le braccia e mulinando le mani, si possa afferrare quella potenza e usarla per ripulire i pensieri.

«Sei rigido» mi dicono a volte ma, se così fosse vero, quello stesso vento che spirava stamattina m’avrebbe spezzato.

«Mi piego» sono solito dirmi «adattandomi al tumulto che impera conscio che, non appena Eolo si sarà placato, riprenderò la mia forma originale, ma con nuova consapevolezza».

E mentre il vento mi piega, guardo la mia realtà da nuove prospettive, e scruto la mia profondità servendomi della superficialità altrui.

Stamattina la pioggia er furiosa quanto me, e il vento ha tentato di spezzarmi, inutilmente.

È vero, a volte sono rigido, e nella mia rigidità mi piego gli eventi, assecondandoli.

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Oggi piove

Oggi piove, e l’aria è carica del gelo dovuto alla neve che arriverà. Lo so grazie alla solita sensazione lungo la spina dorsale. Il mio sensore personalizzato che indica cosa accadrà.

Oltre alla pioggia ci sono degli operai, dalla parlata trevigiana, al di là della vetrata. Fanno battute concernenti i frequentatori del Piave.

«I và in xerca de capełoni» e, sentendoli ridacchiare, la voglia di chiedere loro come facciano a essere così informati sulla materia, è tanta. Parlate per esperienza? Ma lascio perdere e ascolto le battute di basso rango a cui seguono risate forzate. Sentire lo straziante sarcasmo, e quel falso divertimento, mi stimola un unico pensiero: gettarli di peso nel Piave – ogni tanto mi scatta la sana violenza, è uno dei molti pregi che tendo a nascondere.

Ora si trovano sopra la mia testa, intendo al piano di sopra, e sistemano sedie e arredo per i vari uffici. Allestiscono una nuova realtà prossima all’apertura. E se salissi per immortalarli in una fotografia da caricare sul blog e dare così un impatto visivo a queste parole? Temo però, udite mio malgrado le battute con cui hanno riempito la mattinata di riferimenti fallici, sarebbero capaci di abbassarsi i pantaloni per mostrare la mercanzia e dare il tocco finale alla goliardata. Magari assumendo le stesse pose tenute dal sottoscritto, ‘l Dur, e J. C. di Pittsburgh qualche anno fa.

Siamo sulla A27, precisamente all’aera di sosta Piave Ovest, muniti di una macchina fotografica usa e getta, e in preda ai fumi dell’alcol. Stiamo tornando a casa dall’ennesimo concerto metal (non ricordo quale purtroppo) e nelle nostre menti annebbiate risuonano gli echi delle note metalliche. Ci facciamo una birra (giusto per mantenere il livello di sbronza), e ci sfondiamo con quello che in veneto amiamo definire panìn onto. J. C. di Pittsburgh emette un rutto degno di un a solo di Mike Terrana e controlla l’indicatore dei fotogrammi rimasti a disposizione. Carica la macchinetta e insiste per farci una foto stipati dentro la cabina telefonica. Esaltati dall’alcol eruttiamo la brillante idea di imprimere sulla pellicola sederi e testicoli lì, in una triste stazione di servizio alle 3 di notte urlando contro Satana e i camosci.

E poi le risate. Scoppiano fragorose e irresistibili – non come quelle degli operai sopra la testa. Le nostre sono sane e alcoliche, divertite e spensierate. Le risate esilaranti di chi immagina la faccia che farà lo sfortunato sviluppatore del rullino.

Era una notte nei primi anni del 2000 e, come oggi, l’aria era fredda e piovigginava un po’. Il metal era una costante di molte serate e noi, come bambini discoli, esibivamo i gioielli di famiglia fregandocene del mondo imprigionato fuori dalla cabina telefonica.


P.S. oggi comunque non piove, questo racconto l’ho scritto ieri


a proposito di Mike Terrana… inconfondibile alla batteria

Essere mattinieri, di questi tempi

Essere mattinieri, di questi tempi, ha il suo vantaggio. Alle 06.30 del mattino Ponte nelle Alpi è vuota, se escludo i merli e le gazze ladre svolazzanti sui prati o appollaiate su qualche tetto o cancello. Una leggera pioggia mi accarezza il viso, e l’aria gelida preannuncia neve in quota – il brivido lungo la spina dorsale è l’inequivocabile conferma a ciò che verrà.

In questa mia passeggiata di libertà incrocio una donna in compagnia di un magnifico lupo cecoslovacco e il titolare del piccolo alimentari del centro. Osservo due pattuglie dei carabinieri perlustrare le strade, e guardo i lavoratori del supermercato prepararsi al proprio turno. Qualche macchina sfreccia sonnolenta. Tutto è fermo, salvo i pensieri. Viaggiano liberi fottendosene del contagio, ed è giusto così. E intasano la mente con migliaia di domande, egoiste e non.

Mi domando se al termine di questo periodo avrò ancora un lavoro – e conseguenti paure. Penso a mia madre, debilitata, augurandole(mi) non si infetti. E penso a coloro in prima linea e alla prova psicofisica che stanno affrontando. A chi sta comunque lavorando, e alle comprensibili paure nello stare vicino a colleghi e/o clienti. E il pensiero va a chi ha vissuto lutti in questi giorni, e all’impossibilità di esternare il dolore in un rito funebre che è sempre liberatorio.

Ed è per tutto questo, e altro ancora, se sono uscito di casa. Perché camminare è un esercizio spirituale. E se mi vedete sprovvisto d’ombrello, non preoccupatevi. Prendere la pioggia è un’ottima terapia per lavare i pensieri funesti e caricare il corpo con nuove energie.



Se siete alla ricerca di qualche lettura ho pubblicato due brevi recensioni di due volumi tutti al femminile. Se cliccate sul titolo del libro andrete direttamente alla pagina. Buona lettura!

Fondamenta per lo specchio

Il peccato



la mia silloge Di luce e di oscurità

un tramonto pontalpino