Una ragazzina di dodici anni decide di porre fine alla propria vita ingurgitando i medicinali della madre. E mentre attende di assopirsi, narra i motivi che l’hanno portata al compimento di un gesto così deciso.
L’inizio del romanzo La petite di Michèle Halberstadt (L’orma editore) è violento, inutile girarci attorno. Silenzi e solitudini, incomprensioni e ricerca di attenzioni, sono le grida disperate di una ragazza (dal nome sconosciuto) raccolte in diari e tutte indirizzate all’unica persona che sembra degnarla di attenzione: Laure, l’amica immaginaria creata per dar voce al mal de vivre.
Ambientato nella Parigi degli anni 60, La petite parla del disagio, vissuto dalla ragazzina, in modo attuale e universale. La sua, è la voce di chiunque si senta incompresa/o. Una voce triste, ma lucida. Una voce assordante perché è di una dodicenne. Una voce che racconta silenzio e solitudine, ma senza retorica.
La petite è un romanzo da leggersi tutto d’un fiato. Protrarre nel tempo la lettura trasformerebbe le grida in sussurri, giustificando così l’atto della ragazzina. E, nota non marginale, la narrazione della Halberstadt coinvolge, e fa riflettere, perché dunque interromperla?! Consigliatissimo!
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