Sono scesi i lupi

Sono scesi i lupi in paese, ormai è un dato di fatto. Si spingono oltre l’inimmaginabile e risvegliano paure ataviche.

Ieri, mentre facevo una corsa su per i colli, ho incontrato ‘l Guru (ne ho scritto anche QUI) e, vedendolo in tenuta da caccia, ne ho approfittato, oltre a rimembrare i vecchi tempi, per parlare proprio dei lupi.

Quello che hai letto è solo una parte, mi fa. Tanti fatti non sono stati denunciati alle autorità. Ti ricordi di via 4 novembre?

Certo che me la ricordo. Da ragazzini passavamo le serate d’estate a giocarci a pallone perché non vi passavano auotomobili. Era il nostro rifugio anti-stronzi, era il nostro territorio. Ricordo le nottate passate seduti sul marciapiede a mangiare gelati, e le occhiate cariche di curiosità e innocente malizia vedendo i genitori di M. che organizzavano scambi di coppia con la Francese e il di lei compagno.

Via 4 novembre è stato un angolo di paese che, per vari aspetti, ci ha fatto crescere in fretta, presentandoci dolori e situazioni solo nostre, nemmeno condivise coi rispettivi genitori.

E ‘l Guru inizia a raccontarmi di come i lupi si siano avventati su una cerva, proprio lì, in via 4 novembre, imbrattando di sangue la strada e la statua della Madonna.

Sembra che i boschi di Miane siano i preferiti dagli ungolanti, e di conseguenza i lupi si sono adattati a questa scelta, trasformando il paese nel loro territorio. E sta cosa mi rode. Mi rode perché per anni ho segnato di vederne qualcuno, e adesso che non vivo più lì, questi affascinanti animali decidono di insediarsi nel mio paese natale. Di invadere i territori che un tempo erano di noi ragazzini.

Eravamo un branco di ragazzini un po’ selvatici, allora. Sempre per i fatti nostri, sempre a zonzo al limitare del bosco.

Via 4 novembre era nostra, e mi rende felice sapere che ora è di un qualcuno più selvatico di noi.

cercando i lupi
spore
l’autunno
passaggi

Che sia per il profumo

Che sia per il profumo umido della pioggia, o per il lieve baluginio dei primi raggi solari ad accarezzare i monti, il mattino riserva sempre un lungo istante speciale.

Nel mio tragitto incontro lepri, caprioli, a volte cervi e, quando sono fortunato volpi e tassi. E le gazze? Sono ovunque con la loro irriverenza, per non parlare degli stormi di gracchi spudoratamente ciarlieri.

Tutto ciò è bellezza, ma non tanto affascinante come passeggiare o correre sotto la pioggia.

È una sensazione benefica. Ti sciacqua i pensieri rigenerando il corpo.

In ogni stagione faccio almeno un’uscita sotto la pioggia senza riparo alcuno e, se stai leggendo queste righe, ti invito a farlo. Giusto per amarti un po’.

(continua sotto l’immagine)

ADOTTA UN POETA

Proprio così, adotta un poeta o, per meglio dire, uno ei suoi componimenti. Un libro non sporca, non devi farlo uscire per fare i bisogni, e non o devi nemmeno sfamare! Anzi, ricambia la fiducia donandoti emozioni.

E allora, cosa aspetti? Adottami!

I miei componimenti li trovi a questo link: Amazon.it : alessandro chiesurin oppure puoi chiedermi di niviarti una copia direttamente a casa

La sensazione

La sensazione di vivere per qualche ora sopra le nuvole è indescrivibile. Percepisci il mondo sommerso, e la vastità del cielo ti seduce.

Non ricordo quando ho scattato questa fotografia, ma tra quei monti e quei boschi ci sono cresciuto. Ho incontrato personaggi singolari, e molti animali selvatici, alcuni dei quali inaspettati.

Una sera, mentre fischiettavo soddisfatto lungo il sentiero, mi sono trovato al cospetto di un’aquila reale. Immensa e maestosa, altre parole non ho per descriverla. E per un istante provai il brivido del sentirmi preda.

Vivere in cima al mondo ti insegna la semplicità, e ti fa percepire la leggerezza. Altro non serve.

un’immagine, una sensazione

Un’immagine, una sensazione.

C’è stato un periodo della mia vita in cui mi piaceva andare al mare in autunno/inverno.

La sensazione di pacifica solitudine valeva più di ogni altra cosa, e assistere ai tramonti invernali era realmente un piacere.

Tra le centinaia di fotografie scattate in quei momenti, questa sottostante è una delle preferite. Per i colori tenui. Per la schiuma marina. Per il peschereggio solitario come me.

Bibione – inverno

Stamattina la pioggia era furiosa

Tra le 4 e le 5, stamattina, la pioggia er furiosa. Pareva volesse fare tabula rasa. L’acqua non basta a togliere il sudiciume, serve anche una mano decisa e operosa.

Poi è arrivato il vento arrogante. La pioggia furiosa s’è placata, e l’ululato ha inghiottito tutto.

È piacevole ascoltare l’irruenza di pioggia e vento; si ha quasi la sensazione che, allungando le braccia e mulinando le mani, si possa afferrare quella potenza e usarla per ripulire i pensieri.

«Sei rigido» mi dicono a volte ma, se così fosse vero, quello stesso vento che spirava stamattina m’avrebbe spezzato.

«Mi piego» sono solito dirmi «adattandomi al tumulto che impera conscio che, non appena Eolo si sarà placato, riprenderò la mia forma originale, ma con nuova consapevolezza».

E mentre il vento mi piega, guardo la mia realtà da nuove prospettive, e scruto la mia profondità servendomi della superficialità altrui.

Stamattina la pioggia er furiosa quanto me, e il vento ha tentato di spezzarmi, inutilmente.

È vero, a volte sono rigido, e nella mia rigidità mi piego gli eventi, assecondandoli.

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Sono affascinato dai luoghi spopolati

Sono affascinato dai luoghi spopolati in cui il passaggio dell’essere umano è però ancora tangibile. Percepire il silenzio delle strade vuote. Osservare le case dalle porte sprangate, e i negozi dalle saracinesche abbassate. Questo vuoto apparente mi affascina perché ha quel sapore di incompiuto che tanto adoro.

E potrei descrivere a parole le sensazioni provate durante i miei pellegrinaggi nel vuoto e nel silenzio, ma sarebbero superficiali. Vi lascio qualche fotografia scattata tra i palazzi di Bibione, nota meta turistica del Veneto Orientale e, nel caso la curiosità di vedere altri miei scatti sia molesta, potete fare una visita al mio profilo instagram.

E a voi piacciono i luoghi spopolati?

i miei occhi

Stamattina guardavo i miei occhi allo specchio. E nello scrutarli, oltre al verde acqua intenso, leggevo i pensieri annidati nell’iride.

Non sono un tipo da autocelebrazioni, sarei più propenso a rimanere defilato o a non prendermi mai sul serio (è un modo per rimanere coi piedi per terra, e per scansare paure e timori), comunque, leggevo i pensieri attraverso il filtro dell’iride, e mi sono detto: «hai creato qualcosa di bello, e di diverso» – riferito al mio ultimo libro: Viscerotica.

Prima di investire tempo e denaro in questo progetto ho rifiutato 4 proposte da parte di case editrici, l’ultima in ordine cronologico specializzata in poesia italiana e internazionale, perché due erano indecenti, le altre perché non soddisfacevano a pieno le mie esigenze.

Ci crediate o meno, ho dedicato tre anni a questo piccolo e intenso volume, modificando versi e scartando poesie che, a ben vedere, erano poco inerenti all’idea primigenia.

Sì, i miei occhi dicevano questo stamane, e narravano di come sia giunto a pubblicare un simile lavoro attraverso travagli e pensieri messi a nudo.

Viscerotica è nata in un periodo, uno dei più intensi e dolorosi [lavorativamente parlando].

Ero impantanato in un lavoro in cui subivo mobbing e, ciliegina sulla torta, mi sentivo con una persona che, inconsapevolmente, mi “impediva” di essere me stesso. Un ex rappresentante sindacale sottomesso a lavoro, e in procinto di rotolare verso una storia che lo stava per soffocare… niente male come premessa per un nuovo lavoro letterario!

Viscerotica è nata lì, nel momento in cui mi sono detto «mai più» e, guardandomi allo specchio come ho fatto stamane, ho lasciato liberi i pensieri, le paure, i disagi. E in quel marasma che vorticava nella mia testa è uscito un unico suono: Viscerotica.

È nato prima il titolo, poi la “letteral-cosa” che conclude il volume. È nato il bisogno impellente di riprendere energie, ed esternare ciò che, fino al punto di rottura, avevo tenuto soffocato e represso.

E da questo inizio doloroso, e intenso, settimana dopo settimana sono venute alla luce poesie che parlano di sessualità, e di corporalità. Di sentimenti denudati, e di desideri urgenti.

Viscerotica è una silloge sul desiderio maschile (il mio lato maschile), e sulla carnalità perché, lo si accetti o meno, è nella carne che il desiderio si manifesta, e si fa concreto.

Il desiderio si fa carne, che a sua volta si fa poesia; la poesia si fa me, che a mia volta mi faccio sensualità.

I miei occhi verde acqua dicevano tutto ciò stamane, e potrei sintetizzare questa serie di pensieri con un’unica parola: Viscerotica.

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i miei occhi

Poco male, è domenica

La domenica è un contenitore di paure e di immagini del tipo: orizzonti innevati e strade strozzate – a completare il quadro l’antologia di Spoon River.

Sai, nella sincerità del tuo sorriso ho concepito un altro me stesso: per domani prevedo barba bianca.

Poco male, è domenica, e anche oggi ho alimentato la mia morbosa ossessione per la morte.

vista sul centro storico di Feltre

Cosa c’è di bello a Miane?

Cosa c’è di bello a Miane? È una domanda a cui non riesco a rispondere. Attrattive turistiche ce ne sono poche, salvo la natura. Quindi, se non sei disposto/a a faticare, il bello finisci per ignorarlo, e ti ritrovi a guardare un paese anonimo come tanti.

Amici e conoscenti rimangono sempre interdetti a queste mie parole, ma è così.

In mia difesa però posso dire quanto sia bella Miane d’autunno – per la precisione nel periodo compreso tra il post-vendemmia e i primi giorni d’inverno.

Nelle giornate serene, in cui il sole si dimostra clemente, i boschi e le viti si vestono con colori caldi e ti rapiscono lo sguardo col loro manto fatto di sfumature verdi e rossicce. In quelle giornate ti sembra di camminare all’interno di un giardino creato su vasta scala.

E che dire dei suoi boschi? Li ho percorsi in lungo e in largo sia di giorno, sia di notte; col sole, e con la pioggia; durante le nevicate, e quando le nuvole scendevano a valle senza remore serrandomi all’interno di una cinta grigia e impalpabile. Sì, i suoi boschi sono stupendi, soprattutto quelli di castagni (sono ghiotto di marroni e castagne e sin da bambino mi diverto a raccoglierle).

E poi ci sono i monti. C’è stato un periodo in cui, uscito da lavoro, mi preparavo un pasto veloce e poi salivo al Monte Crep per consumarlo ammirando il tramonto farsi notte. Mi piaceva vedere la pianura veneto-friulana illuminarsi, e percorrere il tragitto di ritorno accompagnato dai raggi lunari o dl chiarore delle stelle con in sottofondo i versi degli animali notturni.

Quegli stessi monti che, se sai quando è il momento giusto per salirci, riesci a stupirti per il panorama che ti si presenta davanti. Una vista che si estende dai Colli Euganei fino alle coste dalmate, con una tappa intermedia (e doverosa) sulla laguna veneta in cui, grazie ai raggi solari, risplende la cupola di San Marco.

Lo so, ma in concreto, cosa c’è di bello a Miane? È difficile rispondere. È il mio paese natale, e i molti ricordi annebbiano il giudizio. È come un dente un poco guasto: se lo lasci tranquillo dimentichi la sua presenza, ma se vai a stuzzicarlo con la lingua è capace di farti patire le pene dell’inferno. E Miane è così, se scavo troppo a fondo nella sua bellezza finisco per trovare anche il marcio. Ma in questo momento voglio dedicarmi al bello, e tralascio le storie oscure.

Comunque, se devo rispondere alla fatidica domanda con un luogo fisico specifico, faccio il nome di un’attrattiva celata nel bosco e a cui si arriva con una bella scarpinata (ed è una fortuna così in pochi la raggiungono): il Pont de la Val d’Arch. Cos’è? Ti basta guardare la fotografia scattata qualche anno fa, vale più di mille parole.

Pont de la Val d’Arch

E di bello, a Miane, c’è l’atmosfera silenziosa tipica delle nevicate abbondanti (ahimè sempre più rare). Camminare nel bosco e sentire quel magico crepitio prodotto dagli scarponi sulla neve fresca. Guardare il mondo fermarsi per lo stupore, e sentire il rumore dei rami spezzati dal troppo carico.

E c’è molto altro ancora. Luoghi, poco frequentati, che conservo per me perché custodi di ricordi. Se un giorno dovessimo trovarci di fronte a una birra potrei raccontare aneddoti degni di essere ascoltati. Storie di personaggi assurdi, e situazioni esilaranti; momenti tragici, e figure quasi epiche.

A Miane c’è questo e altro, ma cosa ci sia di (a)effettivamente bello ancora non l’ho capito, e forse è giusto così.

Piccola curiosità: il grande poeta Andrea Zanzotto dedicò una poesia a Campea (una delle frazioni di Miane) e, se fosse vivo, senza troppi giri di parole gli chiederei: «’scolta qua Andrea, caxo atu vìst de bel a Campea? Spiegame ‘n pòc parchè mi son teston».


Hai mai sentito parlare dell’ora blu?

Hai mai sentito parlare dell’ora blu? Si tratta di un momento di passaggio; un breve istante in cui la notte e il giorno si sfiorano, lasciando la vita in sospeso: gli animali notturni si coricano, quelli diurni si preparano al risveglio. È il momento di quiete assoluta in cui la natura silente si lascia avvolgere, per l’appunto, dalla luce blu.

Da buon mattiniero quale sono mi è capitato, in alcune rare occasioni, di assistere a questo incredibile passaggio. Una fioca luce disegna le sagome dei monti, e il cielo si mostra in un blu intenso come solo poco prima dell’alba lo si può ammirare. E in sottofondo la quiete della natura regna fino al momento in cui il canto degli uccelli esplode, sancendo in questo modo la conclusione dell’ora blu. E credimi, è impressionante sentire la natura svegliarsi con un’unica ondata di suoni quando, poco prima, hai accarezzato il silenzio assoluto. Il contrasto tra pace e forza vitale ti rapisce per poi guidarti verso un nuovo giorno.

È un istante da vivere. Ho scoperto questo preciso momento della giornata qualche anno fa e da allora, appena la natura sembra predisposta a donare questa magia, colgo l’occasione per gustarmi questo breve istante. Se sei mattiniera/o, e vivi in campagna, ti invito a provare, almeno una volta, a cercare il momento esatto in cui la magia accadrà ma, inutile sottolinearlo, l’ora blu si fa ammirare solo nei momenti di cielo terso, o poco velato.

Se vuoi scoprire altro riguardo l’ora blu ti consiglio questo bellismo film di Rohmer: https://amzn.to/3uF99mA

07/07/2020 – Ponte nelle Alpi vista dal mio terrazzo

Lecco dita grondanti umore

Lecco dita grondanti umore

e sapori intrisi di piacere.

La schiena inarcata

mi offre i tuoi spasimi

caldi, salati.

Ancora qualche battito cardiaco prolungato

a trattenere un ritmo forzoso, e poi l’oblio.

che mondo piatto e monotono senza i Judas Priest

Di luce e di oscurità, la mia silloge, è possibile (tra l’altro) acquistarla QUI

una parte del mio corpo che amo

Una voce a transistor blatera

Una voce a transistor blatera che andrà tutto bene, sarà…

Intanto conto le ore inclinate che scivolano verso il baratro delle domande esistenziali: è un passatempo come altri.

Il cane al di là dalla strada festeggia il passaggio dei bambini e ulula alle sirene d’emergenza sfreccianti sull’asfalto. Uno scopo esistenziale lui ce l’ha.

Passa un uomo e mi racconta della propria scala acquistata in un tempo in cui non ero ancora apparso: è soddisfatto. Decifro il suo italiano balcanizzato e lo invito a tornare per scoprire l’arte d’un maestro metallico: mi rendo utile nel processo creativo.

Avete mai notato la dilatazione dei pomeriggi di fine primavera? Appaiono un nastro di gomma essiccato sull’asfalto.

Ieri è stata una bella giornata (ma non quanto quella odierna) e tutto quel splendore l’ho in canalizzato in un unico suono: ah! – Vi sfido a produrre una sintesi più eloquente e ristretta di questa.