brucia

Il bosco ancora brucia. Il fronte non è più quello di due giorni fa, ma il bosco comunque brucia.

L’aria è ora respirarabile, i monti sono di nuovo visibili, e all’orizzonte non si intravedono più lingue di fuoco come la scorsa notte.

L’acqua invece puzza di fumo. Non scherzo. Apri il rubinetto e la zaffata impesta il bagno. Mentre faccio la doccia mi pare di lavarmi in una nube di cenere, per quanto forte è l’odore. Di berla, non se ne parla.

Longarone brucia, scrivono i giornali e anche stamattina, mentre aspetto il sorgere del sole sorseggiando caffè, dal terrazzo osservavo i pennacchi di fumo salire verso il cielo.

Il bosco brucia per il terzo giorno di fila, e la pioggia sembra un miraggio.

Prima lettera ai Tessalonicesi

[…] infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!» allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.


Prima lettera ai Tessalonicesi 5,2

La Bibbia la leggi? Si, ogni tanto la leggo, le dico.

Soddisfatta della mia risposta sfoglia Viscerotica posata sul banco, commenta qualche verso, e si sofferma sul Manifesto Viscerotico sociale che apre la silloge.

Sì, mi fa, qui ci sono anche gli insegnamenti di Nostro Signore nelle tue parole, le conosco bene io, e inizia una filippica sul male delle religioni, su chi dovrebbe scomparire dalla faccia della terra, di come la sessualità femminile sia differente da quella maschile, di come Adamo sia vissuto nella perfezione per 1000 anni finché non decise si sfidare gli insegnamenti di Dio andando incontro alla morte, di come l’evoluzione sia una grande farsa, e conclude il tutto con una profezia.

Segnati questo riferimento della Bibbia, mi dice, Prima lettera ai Tessalonicesi capitolo 5° versetto 2°, e segnati queste due parole: pace e sicurezza, perché, quando l’ONU pronuncerà queste due parole nella stessa frase allora il mondo come noi lo conosciamo finirà, Gesù risorgerà (perché lui ci ha dimostrato che è possibile) e inizierà il Regno di Dio, se saremo vivi in quel momento vivremo in eterno mentre i morti risorgeranno e Gesù li giudicherà.

L’ora del Regno di Dio è vicina, continua, io lo so perché nel mondo c’è chi ha già aperto gli occhi, Gesù sta raccogliendo i suoi apostoli, e quando ne avrà al suo fianco 144.000 allora sarà il momento, i primi 12 sono stati solo i primi, e ora è il momento degli altri. I Signori della Guerra sono figli di Satana, è lui che ha pianificato questa guerra ma, ormai, il suo tempo è finito e i suoi figli moriranno finché Gesù non li farà risorgere per giudicarli quando il Regno di Dio inizierà.

Ricordati delle mie parole, mi fa prima di andarsene, quando sentirai pronunciare pace e sicurezza dal rappresentante dell’ONU nella stessa frase allora, solo allora, il mondo come tutti noi lo conosciamo finirà.


Quando la persona di questo breve racconto mi ha chiesto se leggo la Bibbia, la risposta nella mia testa è stata: sì, la leggo perché sono solito incontrare persone che mi lanciano profezie anche con riferimenti biblici. Un tempo ero solito lasciarli andare, senza dar troppo peso ai racconti, ora invece mi soffermo sulle parole, e cerco di ricostruirle perché è sempre interessante capire con che sguardo gli altri guardano questo mondo. Sì, la leggo, soprattutto per soffermarmi brevemente sui pensieri altrui.

P.S. una delle ultime profezie a cui sono andato incontro riguardava Mario Draghi (e la si può leggere cliccando qui sopra), la prossima chissà quale tematica affronterà.

Noam Chomsky

La guerra è puramente e semplicemente un’oscenità, un atto di depravazione compiuto da uomini deboli e abietti, tutti noi compresi, i quali hanno permesso che essa procedesse senza tregua con tutta la sua furia devastatrice; tutti noi, appunto, che non avremmo mai aperto bocca se fossero stati assicurati l’ordine e la stabilità. Non è piacevole usare prol del genere, ma è il minimo che la sincerità c’impone.

Noam Chomsky “I nuovi mandarini”

oscenità del giudizio

L’articolo di oggi è particolare. È un componimento a 4 mani, o doppio sguardo se preferisci. È il frutto di un’interazione tra il sottoscritto e il blog Le Dritte di Simo. Di cosa parla? A te scoprirlo anche se, già dal titolo, qualcosa lo potresti intuire. Non aggiungo altro se non Buona Lettura e un piccolo suggerimento: vai a scoprire il mondo di Simo, non te ne pentirai!

lo sguardo di le dritte di simo

Con il termine Giudizio, nel linguaggio comune, si intende un’affermazione verbale o scritta che non ha il fine della sola constatazione di fatto ma che esprime una valutazione sulle qualità o il merito di una persona o di una cosa. La scuola insegna che i giudizi finali si basano su un rendimento dell’alunno, non certo sul carattere dell’alunno o su come lui stesso vive la vita o come vorrebbe viverla. Dare un giudizio sullo stile di una persona, sul suo vivere la vita, sui comportamenti che assume o sugli atteggiamenti che mostra, ha una derivazione religiosa. Si giudica spesse volte le scelte altrui che non seguono una direzione ‘devota’ e rispettosa della parola di Dio. Tutto ciò che contrasta viene addirittura definito peccaminoso. Quindi chi ammette l’adulterio, il divorzio, l’aborto, oppure chi fa scelte che si distanziano da quelle comune, viene accusato e diventa un bersaglio, facile, da disprezzare e condannare. Ognuno si erge a protettore di una legge sacra. Ma chi sono questi giudici? Perché il loro giudizio viene inteso come verità assoluta? L’importanza che si dona al giudizio supera qualsiasi coscienza e incatena il libero arbitrio. Gli uomini sono portati al giudizio continuo e sono anche timorosi di ricevere giudizio. La severità con cui si giudica travalica ogni limite. L’ansia da giudizio porta l’essere umano a vivere con la sensazione che l’altro lo criticherà e giudicherà qualsiasi cosa faccia, quindi evita di essere sotto il mirino di osservazione sopprimendo purtroppo la sua spontaneità e la sua libertà.

Il giudizio è una lama sottile che taglia la comuni

Con il termine Giudizio, nel linguaggio comune, si intende un’affermazione verbale o scritta che non ha il fine della sola constatazione di fatto ma che esprime una valutazione sulle qualità o il merito di una persona o di una cosa. La scuola insegna che i giudizi finali si basano su un rendimento dell’alunno, non certo sul carattere dell’alunno o su come lui stesso vive la vita o come vorrebbe viverla. Dare un giudizio sullo stile di una persona, sul suo vivere la vita, sui comportamenti che assume o sugli atteggiamenti che mostra, ha una derivazione religiosa. Si giudica spesse volte le scelte altrui che non seguono una direzione ‘devota’ e rispettosa della parola di Dio. Tutto ciò che contrasta viene addirittura definito peccaminoso. Quindi chi ammette l’adulterio, il divorzio, l’aborto, oppure chi fa scelte che si distanziano da quelle comune, viene accusato e diventa un bersaglio, facile, da disprezzare e condannare. Ognuno si erge a protettore di una legge sacra. Ma chi sono questi giudici? Perché il loro giudizio viene inteso come verità assoluta? L’importanza che si dona al giudizio supera qualsiasi coscienza e incatena il libero arbitrio. Gli uomini sono portati al giudizio continuo e sono anche timorosi di ricevere giudizio. La severità con cui si giudica travalica ogni limite. L’ansia da giudizio porta l’essere umano a vivere con la sensazione che l’altro lo criticherà e giudicherà qualsiasi cosa faccia, quindi evita di essere sotto il mirino di osservazione sopprimendo purtroppo la sua spontaneità e la sua libertà.

Il giudizio è una lama sottile che taglia la comunicazione quotidiana di una persona piano piano e che lacera fino in profondità. Fa sanguinare e paradossalmente quel dolore che si sente lo si trasforma non in forza per migliorarsi ma in remissione e compiacimento verso chi giudica. Il senso di inadeguatezza deriva dalla persona stessa che non si sente all’altezza di una situazione o di un dire. Parte da una sfiducia in se stessi dando l’arma direttamente agli altri. Pone figuratamente e non solo la persona su un gradino inferiore, innalzando ad un livello spudoratamente superiore il cosiddetto giudice. Pensare a quanto si dà importanza a questo o a quel giudizio sulla propria persona potrebbe far reagire, oppure sottomettere. Si è così concentrati a vedere le sottomissioni in altri ambiti e biasimarle, che non ci si accorge di porre noi stessi in una condizione di schiavitù nei confronti degli altri. Riflettere e agire sono le uniche azioni da compiere.

cazione quotidiana di una persona piano piano e che lacera fino in profondità. Fa sanguinare e paradossalmente quel dolore che si sente lo si trasforma non in forza per migliorarsi ma in remissione e compiacimento verso chi giudica. Il senso di inadeguatezza deriva dalla persona stessa che non si sente all’altezza di una situazione o di un dire. Parte da una sfiducia in se stessi dando l’arma direttamente agli altri. Pone figuratamente e non solo la persona su un gradino inferiore, innalzando ad un livello spudoratamente superiore il cosiddetto giudice. Pensare a quanto si dà importanza a questo o a quel giudizio sulla propria persona potrebbe far reagire, oppure sottomettere. Si è così concentrati a vedere le sottomissioni in altri ambiti e biasimarle, che non ci si accorge di porre noi stessi in una condizione di schiavitù nei confronti degli altri. Riflettere e agire sono le uniche azioni da compiere.

lo sguardo di spore poetiche

Denudarsi: un’azione semplice ma, al contempo, carica di emozioni. Un gesto che, nel momento in cui lo si compie, si ammanta di pensieri contrastanti capaci di soffocare la libertà di cui il gesto è portatore.

La nostra società si basa sul giudizio. A prima acchito ciò è positivo. È lo stimolo che ci permette di progredire, di evolvere. Purtroppo però, il giudizio, è usato non per misurare i miglioramenti personali atti all’auto miglioramento, ma bensì per stilare classifiche in cui l’altro è un competitore. Il giudizio diviene, per cui, il metro di misura di una società competitiva. E quando la vita quotidiana si trasforma in una continua gara per surclassare l’altro, il giudizio ha vita facile nell’insinuarsi nella nostra realtà, trasformando intaccando ogni nostra sfera esistenziale.

Credo sia capitato a chiunque, almeno una volta nella vita, di essersi sentito/a a disagio nell’istante in cui si apprestava a entrare in intimità con una persona capace di destabilizzargli/le i sensi. Chissà se sarò all’altezza delle sue aspettative, speriamo non noti quel brutto neo che ho sulla schiena, le mie forme/misure lo/la deluderanno?

Nell’istante in cui decidiamo di metterci in gioco, svelandoci all’altra persona, il giudizio figlio di una società competitiva si presenta sull’uscio limitando la nostra libertà, soprattutto durante il sesso. Perché? Semplicemente perché il sesso è la forma più prorompente di libertà.

I nostri istinti e desideri si manifestano con più ardore proprio nel momento del coito, e nella vertigine dell’amplesso, diveniamo esseri incontrollabili. Può una società in cui controllo e giudizio sono sinonimi, permettere che il caos generatore di libertà, si manifesti nella sua naturale semplicità? Credo di no, e proprio attraverso la condanna di certi atti e pratiche attraverso giudizi netti e taglienti, instilla in noi la paura. Una paura figlia del giudizio perché ci sarà sempre qualcuno/a pronta a criticare il fatto di non essere all’altezza del compito assegnato; di non conformarsi alle regole; di essere troppo alto o troppo basso; di essere gentile nei momenti sbagliati, e cattivo nei momenti meno opportuni; di sentirsi libero/a di godere della propria sessualità; e di qualsiasi altra cosa.

Il giudizio è un’arma a doppio taglio perché, da un lato ci impedisce di vivere a pieno la vita seguendo il proprio istinto; e dall’altro la possiamo rivolgere verso gli altri come è stata puntata verso di noi. E se nel momento in cui mi denudo, con l’intento di spogliarmi di ogni inibizione, mi sento giudicato/a da colui a cui mi do, il rapporto che andrà a crearsi in quel momento non sarà un’unione di intenti, ma bensì uno scontro per ottenere una medaglia.

La prima faccia della medaglia sarà caratterizzata dal bisogno spasmodico di essere riconosciuto/a – e per ottenerla sarò costretto/a a snaturare il mio essere. La seconda faccia rappresenterà la pura ricerca del piacere personale – un atto egoistico in cui l’altra persona si tramuta in mezzo per raggiungere l’obiettivo.

Credo che il giudizio ci privi di quella naturale libertà di cui il sesso è portavoce. Con un continuo bisogno di catalogare ogni nostro gesto e pensiero, il giudizio costruisce attorno a noi gabbie da cui poi facciamo fatica a evadere. E nel mentre ci denudiamo, convinti/e di svelarci all’altro, inconsciamente indossiamo strati su strati di paure e castrazioni.

la società senza dolore

perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite

Oggi vi lascio il passaggio di un libro iniziato stamane. Poche parole per riflettere su noi stessi, e la nostra società. L’autore è Byung-Chul Han.

La società della sopravvivenza perde del tutto il senso della buona vita. Anche il godimento viene sacrificato nel nome di una salute elevata a fine in sé. La rigorosità del divieto di fumare dimostra in maniera esemplare l’isteria della sopravvivenza. Anche il godimento cede il passo alla sopravvivenza. L’allungamento della vita a ogni costo avanza a livello global iventando il valore più alto, che mette tutti gli altri in secondo pianio. Nel nome della sopravvivenza acrifichiamo volentieri tutto ciò che rende la vita meritevole di essere vissuta. Dinanzi alla pandemia, anche la radical limitazione ei diritti fondamentali vine accettata senza discussioni. Senza opporre resistenza ci adeguiamo allo stato di eccezione che riduce la vita nuda vita. Sottoposti allo stato di eccezione virale, ci rinchiudiamo volentariamente in quarantena. La quarantena è una variante virale del campo in cui imperversa la nuda vita. Il campo di lavoro neoliberista ai tempi della pandemia si chiama home office. Solo l’ideologia della salute e la libertà paradossale dell’autosfruttamento lo distinguono dai campi di lavoro ei regimi dispotici.

Byung-Chul Han

autogestione

[...]
E nelle riviste rivoltose
autogestite, contro
lo sfruttamento della massa
opraia, succulenta
carneficina dal sapore rétro,
scopro arti artrofizzati
autodeterminati a sfamarmi;
divoro prese di coscienza.

Alessandro Chiesurin - versi conclusivi di "autogestione" tratta da Viscerotica (2021)

Autogestione è la posia d’apertura di Viscerotica. Versi che sintetizzano e legano tutto il progetto della silloge, dalla copertina al componimento conclusivo.

Viscerotica è disponibile in ogni portale di vendita libri, la si può ordinare in libreria, la si può richiedere al sottoscritto. E se vuoi ti faccio pure una televendita stile Freud di Nanni Moretti.

io sto con i bambini

Io sto con i bambini, russi e ucraini.

Ascoltando la rassegna stampa di qualche giorno fa, un articolo mi ha scosso. Veniva descritto come i bambini siano impiegati in una perversa catena di montaggio atta ad assemblare bombe molotov. Ho provato un disgusto totale, tanto quanto sapere che altri bambini vengono incarcerati perché scesi in piazza a manifestare per la fine di una guerra ignobile e vigliacca.

Io sto con i bambini russi e ucraini perché sono i primi e gli ultimi che pagheranno tanta stupidità. Sto con loro perché non concepisco, e non accetto, questa continua trasmissione d’odio – comunque la si voglia giustificare, una guerra è, e sempre sarà, una manifestazione d’odio.

Io sto con i bambini russi e ucraini perché non voglio alimentarmi dell’odio altrui, ripenso alla parole di Jean-Luc Godard (spero di non sbagliarmi) letta anni fa che sintetizzo così: se venissero mostrate le immagini di guerra senza l’aggiunta di parole, non perderemmo del tempo a chiederci chi ha ragione, perché la stupidità non ha ragione.


Bambini fabbricanti di molotov: LINK

Bambini arrestati: LINK


Nel 1984 Werner Herzog realizza La ballata del piccolo soldato. Tra tutti i film visti in vita mia, questo è quello che descrive meglio la stupidità della guerra, soprattutto quando vengono impiegati anche i bambini. Dura poco più di 40 minuti, e hai voglia di guardarlo ti basta cliccare play.

Un sospiro

Un sospiro. Lento, intenso, profondo. Un alito di vita pregno di emozioni e ricordi. A volte mi piego su me stesso, e libero questo frammento di esistenza: per tornare alla vita; per amarmi; per liberazione.

Ho smania di cogliere sguardi femminili e conservarli. Chiuderli nelle scatole dei ricordi, e riportali alla vita proprio quando esalo un nuovo sospiro. Lento, intenso, profondo. Posso consideralo uno stupido errore?

La scorsa notte, in lotta con l’amoralità, ho impresso nell’oscuro orizzonte due occhi azzurri baluginanti. E in quell’accecamento ho ritrovato nuovi equilibri: solo per un breve istante.

E sospiro. Con fare lento, intenso, profondo.