‘l Guru

Ritornare al paese in cui sono cresciuto è, per me, una lama a doppio taglio: rivivo posti molto cari, rivedo persone dalle vicende personali tristi e/o drammatiche. E questa seconda opzione, immancabilmente, mi riporta a situazioni che non sempre ho voglia di rivivere. Ma si sa, la memoria è bastarda, e si diverte a cancellare alcuni momenti, e a sbatterti in faccia verità poco gradite. Come stamattina quando, passando davanti al cimitero, ho visto uscire Lui.

Avevo stipato in un angolo oscuro e poco accessibile della memoria la sua storia. Anzi, credevo proprio di averla scordata. Non è così. Mi à bastato vederlo salire in macchina per trovarmi a fronteggiare le immagini di alcune stagioni addietro. Temevo che quei ricordi mi avrebbero segnato il resto della giornata quando, una vecchia panda, è venuta in mia soccorso. L’ho sentita rompere il silenzio regnante tra le vigne. E mentre mi abbasso per legare J. al guinzaglio, e toglierci così dalla strada, sento la vettura fermarsi di fianco a me. Senza concedermi il tempo di capire, una voce conosciuta mi rivolge la parola.

«Claxe». [1]

‘l Guru! Sono anni che non lo rivedo. Gli guardo la barba e sorrido perché è striata di bianco. Parliamo del tempo per riprendere i fili di una chiacchierata interrotta anni fa, e buttiamo sul piatto qualche informazione relativa alle nostre vite.

«Te ali dita che son diventà pare?». [2]

«Mas-cio o…». [3]

«Toseta toseta» [4]

«Manche solche mì» [5] dico divertito perché amo troppo le donne per legarmi a una sola di esse e perché, nei sentimenti, discorsi quali “tu sei mia io sono tuo” mi fanno venire la pelle d’oca.

E mi racconta della piccola e di come ultimamente dorma poco, e mi spiega di aver portato pure lui il cane a fare un giro, sconsigliandomi di attraversare il bosco che incorona la cima dei colli.

«Ij à molà tanta de cheła merda chimica che non xe respira». [6]

Lo ringrazio per l’informazione e salutandoci come se l’ultima volta in cui ci siamo visti sia stato il giorno precedente, e non dieci anni addietro, malediciamo la coltura intensiva di prosecco.

‘l Guru, mi dico. Sorrido per il piacere della sorpresa inaspettata. Siamo cresciuti assieme fino ai 30 anni circa, poi le vite hanno preso strade diverse, come è giusto che sia. Da bambini/ragazzini eravamo i bullizzati; gli emarginati. Vittime ideali di scherzi e prese in giro, a volte anche pesanti. Ma, tralasciando questo aspetto, per me ‘l Guru è il chiodo; le borchie; gli anfibi; i giri nei boschi; le scorrazzate – in Cansiglio e in mezzo Veneto – con la panda 4×4 dotata di uno stereo mangiacassette al posto dell’autoradio; e ancora i nastri dei Black Sabbath, In Flames, Nofx, Bad Religion; i riff e gli a solo di chitarra di Jeff Waters; il black metal dei Darkthrone, e dei Dimmu Borgir; le frequentazioni, in compagnia di John Chémola signore indiscusso di Pittsburgh, di locali nascosti tra i boschi bellunesi degni delle migliori pellicole di Lynch in quanto ambientazione e avventori.

Io e ‘l Guru siamo i bullizzati che riescono a dare sfogo alla rabbia grazie al punk e al heavy metal e che, creandosi un alone da duri – aspetto lontano anni luce dalla nostra natura, intimoriscono gli altri cantando Natassja, my beloved satanic witch, the power in your eyes and yourself, worked for the noble in man [A] oppure Come come to the Sabbath, down by the ruined bridge, witches and demons are coming, just follow the magic call [B]– formule magiche capaci di tenere lontani gli stronzi.

E sorrido ripensando a quel periodo perché, rispetto a molti altri, siamo riusciti (annaspando) a rimanere a galla senza mai colare a picco. E sono felice per lui perché ha trovato la propria strada, e una compagna. E mentre lo guardo allontanarsi mi accorgo di non avergli chiesto chi sia la fortunata. Stordito!

Finita la camminata di qualche chilometro, la prima cosa che faccio è chiedere a mia madre se sappia chi sia la donna misteriosa ma, oltre a dirmi dove abita (notizia saputa da ‘l Guru stesso) altro non ricorda. Ed essendo il sottoscritto un curioso a scoppio ritardato telefono a mia sorella sperando di avere fortuna. Si chiama … e ha tre anni più di te. Nome e età poco mi dicono finché, dalla memoria bislacca, compare l’immagine di un’automobile arancione. Proprio lei, dice mia sorella, mi domando come tu possa averla associata alla macchina che aveva più di 20 anni fa. Potere di una mente bislacca!

La ricordo benissimo. Era il sogno di noi ragazzi, e di tanti uomini. Ricordo il suo fascino femminile carico di mistero, e mai volgare. La bellezza inavvicinabile capace di far girare la testa ai maschi. Mia madre vede lo stupore sul mio volto mentre sono ancora al telefono e dice, si, proprio lei, sembra quasi incredibile. È vero. Sembra incredibile. Il ragazzino vessato da tutti conquista colei che, per la maggior parte dei maschi paesani, incarnava l’essenza della bellezza femminile.

E rido perché stamattina, rivedendo Lui, temevo che i ricordi mi avrebbero segnato la giornata con verità poco gradite e invece, mentre ascolto i Darkthrone, ripenso alla panda 4×4, alle risate, e a rendere questo piccolo racconto degno de ‘l Guru.


Traduzioni:
[1] Classe. Saluto tipico tra persone nate nello stesso anno.
[2] Qualcuno t’ha per caso detto che sono divenuto padre?
[3] Maschio
[4] Bambina. Termine usato nella sinistra Piave, nella destra si usa dire anche putéa (per scoprire la differenza tra sinistra e destra Piave cliccate QUI)
[5] Rimango solamente io
[6] Hanno cosparso il terreno con tanta m. chimica da rendere l’aria irrespirabile


Riferimenti musicali:
[A] Darkthrone: Natassja in eternal sleep; Under a funeral moon (album), Pieceville Records (1993)
[B] Mercyful Fate: Come to the Sabbath; Don’t break the oath (album), Roadrunner Records (1984)


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'l Guru
veduta bislacca di Mia