Le pause pranzo, in questo periodo, le trascorro al parco

Le pause pranzo, in questo periodo, le trascorro al parco. Oggi ho patate lesse ricoperte di curcuma e peperoncino, e annaffiate con olio piccante. Il fatto è che ieri sera, uscito dal luogo in cui trascorro le ore diurne, invece di andarmene a casa spedito, e avere il tempo così di prepararmi il pranzo per il giorno dopo (e cioè oggi), mi sono incontrato con V, F, ed E – F è rimasto poco con noi, ma questa è un’altra storia.

Noi tre superstiti siamo andati a bere qualcosa in un bar “un po’ così”, verrebbe da dire. Arriva la cameriera e decanta con magnificenza le lodi della nuova macchina per fare le spremute che decido di prenderne una vinto dal fascino femminile anche se, a dirla tutta, non è che mi piacesse tanto – la cameriera intendo. Ne vuoi una anche tu? ha chiesto rivolta a V, al ché V le ha spiegato che non può assumere agrumi e così ha ordinato dell’acqua frizzante – per la cronaca E ha ordinato uno spritz. La cameriera, prima di sparire, ha precisato che non ci sono gli agrumi nelle spremute che servono lì così, per farla breve, ho bevuto una spremuta d’arancia senza agrumi e ora posso vantarmi di ciò. Quando la cameriera è ricomparsa con l’acqua, la spremuta senza agrumi e lo spritz di E, per una associazioni logica di mancanze abbiamo deciso che quello era uno spritz senza spritz e lo abbiamo immortalato con uno scatto. E tutto questo lo sto dicendo per spiegare il motivo per cui non mi sono preparato il pranzo perché ieri sera non avevo voglia di cucinare e dopo la spremuta senza agrumi mi sono fermato a prendere una pizza vicino casa. Erano settimane che non mi fermavo a prendere la pizza vicino a casa e voi starete pensando sia poco buona. Invece no, la fanno divinamente ma ci vado poco perché la proprietaria mi sconquassa gli ormoni e quando entro mi faccio immancabilmente sogni porno tra gli impasti delle pizze e le mozzarelle che, a pensarci bene, possono richiamare – nelle menti malate come la mia – parti anatomiche del corpo femminile assai invitanti.

E questo è il motivo per cui oggi pasteggio con patate lesse (cucinate mentre facevo colazione) ricoperte di curcuma e peperoncino, e annaffiate con olio piccante. E mentre mangio beato e rilassato, mi guardo attorno e registro i soliti volti. C’è la coppia di nonni assieme al nipotino provenienti da qualche repubblica ex sovietica. Sono nato quando esistevano ancora la Jugoslavia, la Cecoslovacchia, e l’Unione Sovietica, ed è difficile per me rappresentarle mentalmente divise, e così mi riferisco sempre a ex e post senza indagare quale sia la reale nazionalità di questi due anziani. E tra i diversi frequentatori del parco c’è il ragazzo di origine ecuadoregna (nella mia testa è così, potrebbe discendere da genitori boliviani ma anche in questo caso non indago) che aspetta lui. Lui, poco dopo, passa in bicicletta e mi augura buon appetito. Lo fa sempre. È educato e mi regala sempre sorrisi. Ma non si ferma, deve andare dal cliente per concludere la transizione. Si intrattiene dal ragazzo di origine ecuadoregna il tempo di consegnare la merce, tracannare una birra, e farsi un sorso di vodka, per poi ripartire nella direzione opposta da cui è arrivato spiegando che qualcun altro lo sta già aspettando. E mentre mangio le patate lesse ricoperte di curcuma e peperoncino, e annaffiate con olio piccante, mi domando quando si deciderà a fermarsi pure da me. Se gli gira bene potrebbe allargare il suo giro di clienti. Comunque, finite le patate, mi sbuccio una mela e leggo un po’ prima di ritornare nel luogo in cui trascorro le ore diurne. E mi domando se queste righe abbiano senso o meno. Un po’ come la vita. Un po’ come il motivo per cui mangio poca pizza.


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il parco in cui trascorro le pause pranzo