Se ne sta distesa sul bancone sorreggendo la testa con la mano a formare un triangolo equilatero. Lo sguardo annoiato rivolto ai passanti completa il quadro.
Sopra la di lei testa, appeso alla parete a cui dà le spalle, un maxi schermo proietta una partita di hockey. Tizzi scivolano con maestria sul ghiaccio rincorrendo un dischetto. Lo colpiscono con mazze a forma di L altrettanto annoiata. Nella postazione collocata alla di lei destra, il collega scruta un piccolo monitor agitando febbrilmente le dita. Pare poco propenso a intavolare una discussione, sia pure superficiale. E lei pare arenarsi nel tedio.
Io, passando con andatura spedita, nell’istante di un’occhiata memorizzo più dettagli possibile.
Lei ha i capelli mori raccolti in uno chignon imperfetto. Il collega indossa occhiali, e sfoggia una sottile striscia di barba che, correndo da basetta a basetta, ricopre il mento. Forse è solo un gioco della memoria che tenta di ingannarmi creando l’immagine ideale. La noia di lei però è autentica. Come lo è il rosso dominante all’interno del negozio, e i cellulari esposti sugli scaffali.
Getto un ultimo sguardo distratto verso il monitor. Sopra, tizi sul ghiaccio si scambiano effusioni maschili. Sotto, lei si abbandona al tedio. Alzo il bavero del cappotto e aumento il passo per ripararmi dal vento gelido. Come lei, da postazione differente, rivolgo ai passanti uno sguardo annoiato. Inconsapevolmente, rientro nel quadro.
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