Sono figlio, sono maschio

Sono figlio, sono maschio.

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Mi guardo in giro, e rifletto. È mia abitudine. Interagisco molto meno. Giusto o sbagliato poco importa. Osservo il mondo reale, e lo trasbordo in quello delle reti sociali; vivono in simbiosi, mi sembra poco realistico dividerli. Unisco parole del vissuto materiale con immagini della sfera virtuale, e lascio nasca un pensiero. Infine traslo l’elaborazione nella persona che meglio conosco: Alessandro C. Io.

Ed è capitato per caso, mentre ero al bar -in due distinti momenti- sentissi discutere due coppie di madri. Genitrici che si dichiaravano legate, stando alle loro parole appassionate, ai rispettivi figli. Lo seguo in tutte le attività… , lo indirizzo in quella direzione… , e altre frasi dello stesso tenore arricchivano i discorsi intrapresi tra un caffè e un dolcetto.

Seduto vicino a loro mi è stato impossibile non ascoltare. La promiscuità gioca brutti scherzi. Comunque sia, in quanto figlio, in quanto maschio, mi sono sentito chiamato in causa, e l’apparato uditivo s’è appropriato delle onde sonore emesse dalle mie vicine. I figli, di cui discutevano, oscillavano tra i sedici e i venti anni. Se avessi potuto prolungare la pausa caffè avrei scoperto altre cose sui soggetti in questione, rischiando però di addentrarmi nel pettegolezzo.

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Nella stessa giornata, mentre sono collegato a una delle diverse reti sociali, la mia attenzione si focalizza su selfie di madri in posa con i figli, e relativi commenti decantanti quanto sia forte il relativo legame. Lodi a profusione sulla correttezza morale del pargolo adorato, e altre frasi puntuali nel ribadire l’attaccamento indissolubile.

Qualcosa, nella mia testa, scatta. Come dicevo poc’anzi: sono figlio, sono maschio.

Le immagini di diciottenni immortalati con le relativi madri mi disturba. Le parole delle donne, e i commenti letti, mi inducono alla riflessione. Un leggero senso di morbosità si fa strada (in me o in loro?). I ricordi mi riportano indietro con l’età. Rispolvero i discorsi intavolati con i miei coetanei a cavallo dei diciotto anni. Prepotente, il passato torna in superficie.

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Il rapporto figlio-genitore era fonte di discussioni accalorate tra noi ragazzi. Nonostante fossimo divisi in vari gruppi, e vivessimo tra noi disaccordi e dissapori, una cosa ci accomunava: il bisogno di distacco da coloro che ci avevano generati. Il primo ostacolo nel nostro processo evolutivo -e di ribellione- era rappresentato, per l’appunto, dalla famiglia (nucleo fondante della società) e in seguito incontrava altri rappresentanti, quali istituzioni o figure educative. Il desiderio di apparire maturi e indipendenti (anche se non lo eravamo) andava a cozzare con l’atteggiamento materno convinto fossimo eterni bambini (persone da proteggere a qualsiasi costo).

Sono figlio, sono maschio, e in questo presente percepisco un’assenza. Sembra che queste genitrici abbiano bisogno di colmare un vuoto. Il vuoto causato dal falso ideale di uomo: un maschio mai incontrato durante la vita. Noto, nella loro eccessiva attenzione, l’inconsapevole desiderio di plasmare i figli sullo stampo di un ideale mendace, modellandoli per avere ciò che, nei rispettivi compagni, non sono riuscite a riscontrare. E, come non bastasse ad avvalorare questo pensiero, rilevo un’altra assenza a mio avviso importante: la ribellione di quegli stessi figli.

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La ribellione precede la maturità, la quale si consegue superando le prove poste dalla vita. Per entrare nell’età adulta è inevitabile lo “scontro” fautore di un pensiero critico e ora, come nell’età adolescenziale, lo considero tappa fondamentale per la formazione individuale.

Mi domando se queste donne, cercando di proteggere i figli da eventuali sbagli, non stiano privando questi ragazzi di una cosa indispensabile: la possibilità di errare con la propria testa. L’atteggiamento protettivo/apprensivo, a volte quasi maniacale, non rischia di inibire una tappa importante della fase evolutiva di un giovane? I figli, in un prossimo futuro, non rischiano di presentare le stesse mancanze constatate dalle madri nei rispettivi compagni? E questi stessi ragazzi provano mai il desiderio, e la necessità, di scontrarsi con la figura genitoriale e rivendicare, in tale modo, la propria autonomia?

Forse le mie riflessioni tendono all’estremizzazione della situazione, e non sarebbe la prima volta; ma gli estremi, essendo chiari e netti, mi permettono di cogliere le diverse sfumature raccolte al loro interno.

E voi, amiche e amici, cosa ne pensate? Tendo a estremizzare troppo il pensiero, o le mie riflessioni nascondono un briciolo di verità? Sono curioso di conoscere il vostro parere anche se discordante.


Le immagini sono fotogrammi tratti da 3-4×10月 – Boiling Point, una pellicola del 1990 di Takeshi Kitano. Un ottimo esempio della dualità ribellione/evoluzione.

Se volete una colonna sonora adatta per leggere questi miei pensieri, vi lascio il link di una canzone dei Kreator, vi basta pigiare QUI. Spero riusciate a cogliere l’ironia dell’abbinamento immagini-musica 🙂

Anthrax

Nella vita capitano sempre fatti o situazioni particolari. Tanto insolite da rimanere impresse nella mente. E se capita riusciamo ad abbinarci una canzone, queste situazioni possono divenire grottesche.

anthrax

Riascoltando, pochi giorni fa, un vecchio album degli Anthrax, mi è venuto alla mente un fatto singolare avvenuto nel periodo del servizio militare. Ne ho approfittato per divertirmi un po’, e nella pagina facebook che gestisco ho abbinato la canzone Got the time al post seguente:

2001
Alessandro ha poco più di vent’anni e non può uscire dalla caserma perché a Nuova York (o in qualche altra città yankee) sono state spedite lettere contenenti antrace e il Comando Generale ha deciso che può esserci pericolo di attacco anche in un buco di paese friulano circondato solo da campi di grano e in cui è stato eretto un unico bar gestito da una donna che dimostra 80 anni per gamba e parla solo cimutto (mi scusino gli amici friulani) ma lui se ne frega beatamente e continua a riempire di croci il calendario sperando finisca il prima possibile la naja schifosa sparandosi a palla l’unica Antrace con cui sia realmente entrato in contatto.

E voi, amiche ed amici, avete una canzone da abbinare a una situazione particolare e/o assurda?
Sono curioso di scoprire le vostre associazioni 😀
P.S. : vi risparmio le mie foto in mimetica 😀