Vite di strada

Nell’ora antecedente all’alba, il vento ansima e gli ultimi ritardatari rapaci notturni lasciano il campo agli uccelli del giorno i quali, assonnati, appollaiati fitti fitti sui rami dondolanti, fischiettano canzoni stonate da bettole infime e maleodoranti.

Una volpe corre attraverso il prato diretta alla casa di riposo, e un tasso decide d’ispezionare il cestino dei rifiuti abbandonato sul marciapiede da qualche arido cuore.

Ad ognuno il proprio compito. Così è stampato sul manifesto elettorale per metà affisso al muro di una casa diroccata, e il volto serio e arcigno del politicante di turno in procinto di nomina, viene schiaffeggiato sonoramente dall’alito di vento ansimante.

Supermegaofferta valida per questa settimana, esclusivamente per questa e non per le altre a venire, fino ad esaurimento scorte stipate in magazzino! Il volantino di elettrodomestici si pavoneggia, modella dalla mise perfetta, sfilando lungo le caselle postali delle abitazioni.

Solo per questa settimana, esclusivamente per questa e non per le altre a venire, fino ad esaurimento scorte stipate in magazzino, una lavatrice lavasciuga A+++++ dalla capacità unica nel proprio genere di dieci chilogrammi dieci che puoi buttarci dentro pure il bambino con l’acqua sporca a soli centonovantanove euro e novantanove centesimi. È l’apologia del nove; formula sbandierata nei volantini pubblicitari e tra gli scaffali dei centri commerciali quale ultimo ritrovato della scienza neurologica per sconfiggere qualsiasi psicopatia compulsiva.

Nel restante universo quotidiano il nove è innalzato a cifra di portata tale e quale le altre, se non di minor impatto. Mai perfetto come il tre, non rappresenta l’unicità dell’uno e nemmeno si avvicina all’infinito come l’otto coricato perché troppo affaticato. Un nove è, e rimane, un nove; ma nei volantini… l’apoteosi! La gloria assaporata nel comparire in una rivista patinata.

Il lampione, unico della sua specie nella via, potrebbe risaltare come un nove da brossura per pochi eletti, se non funzionasse a intermittenza. La zoppicante cadenza a sistema binario lo declassa. Zero. Uno. Zero. Uno. Zero. Uno. Perennemente sciancato con funzione claudicante illumina una porzione di palcoscenico per commedianti d’avanspettacolo.

È arrivato addirittura un tecnico di strumenti munito per sincerarsi dello stato dell’allampanato e filiforme cilindro metallico la cui causa, del mal funzionamento, risulta sconosciuta.

Si è proceduti con misurazioni riportate in riquadri incolonnati; cannule colorate hanno invaso pertugi creati da bisturi smaltati, e s’è pure tentato un delicato trapianto alla fonte d’ingegno esportando la lucerna tumorale con un nuovo lume sfavillante.

Sistema binario ad oltranza. Zero. Uno. Zero. Uno. Zero. Uno.

DIAFONIE-copertina

Persistendo il disagio, si provvede alla sostituzione del primo tecnico con un secondo addetto educato e garbato di modi che, con zelo, si prende cura del lampione malato coccolandolo come un cucciolo strappato alla madre durante l’allattamento. Fallendo miseramente nel compito assegnatogli sfigurando quanto l’addetto iniziale, è sostituito a sua volta ignominiosamente dal terzo operatore.

Versa lacrime di sudore, quest’ultimo eroe giunto senza fanfare e grandi onori, arrampicandosi con frenesia sui pioli di scale pericolanti.

Sali. Scendi. Sali. Scendi. Sali. Scendi. Sistema binario. Al terzo tentativo, sfinito per tanta ginnastica non programmata, getta il cappello a terra saltandoci sopra esasperato. Non gioco più me ne vado, canta Mina da una finestra spalancata verso l’infinito cielo arrossato per il succinto e suadente crepuscolo serale.

Il vento ansima e sospinge ai piedi del tecnico ultimo venuto una coppetta di gelato vuota. L’abbandono dell’inutilità. Non si ha più rispetto per la vecchiaia, commenta un anziano signore dondolandosi dalla finestra della casa di riposo in cui la volpe è andata a cercare ristoro. Quando le energie vitali sono ridotte al lumicino non rimane che sbarazzarsi dell’inservibile, come la coppetta di gelato ormai vuota.

I bambini hanno divorato il gelato temendo andasse perduto come la loro pubertà, e il vento boccheggia inseguendo le corse a rotta di collo dei ragazzini.

Il sole all’orizzonte si spegne staccando la spina e la notte si stende sorniona.

La strada quatta quatta s’anima di silenzio, e i gatti assonnati dopo una giornata oziosa, amoreggiano sorridenti sotto all’allampanato lampione ancora claudicante nel sistema binario.

La seduzione

È seducente l’incompiuto.

Le parole non dette. I discorsi sfumati.

I corteggiamenti appesi ad un filo d’incertezza permettono di immaginare ciò che sarà. Dondolando.

Sono lampi. Illuminano la fantasia fino ai picchi più alti dell’apparenza; senza mai sfiorarla.

Raggiungerla darebbe inizio alla corruzione.

Si può rimanere appollaiati in cima. Mai per sempre. La discesa è inevitabile.

L’inevitabile caduta verso la fine. Il nuovo ciclo vitale: la nascita conduce alla morte.

Dall’incompiuto è possibile cogliere l’infinito miraggio.

Illusione capace di dilatare la percezione del tempo, allontanando l’imminente fine.

Amo l’imperfezione. Stimola la fantasia, ingannandomi non ci sarà mai una fine. Un domani.

Le parole non dette. I discorsi sfumati. I corteggiamenti sospesi nell’incertezza. Le abitazioni non portate a termine. Le rovine abbandonate.

Tutto mi seduce… come una donna, consapevole dei propri difetti.

Pornocannibale

Tutto ha inizio dall’occhio che stimola l’appetito. L’acquolina vien guardando.

Mastico mastico mastico. E poi via! Faringe esofago stomaco intestino tenue duodeno digiuno ileo intestino crasso cieco colon ascendente colon trasverso colon discendente colon sigmoideo retto canale anale. Un percorso con fine ultimo. È la catena di montaggio per immagini trite ritrite mal digerite poco assimilate defecate. Merda.

Un po’ di me. Tutti a mostrare una parte del corpo come nel banco del macellaio. Visi pance tette culi fiche cazzi tartarughe mani dita gambe ginocchia rotule piedi occhi nasi braccia bicipiti tricipiti quadricipiti cosce anche (pure quelle) labbra denti lingue orecchie bulbi ciglia sopracciglia barbe baffi basette foruncoli nei punti neri (buchi neri purtroppo mai) tatuaggi piercing orecchini bracciali collari profilo destro profilo sinistro veduta dall’alto veduta dal basso di trenta gradi di quarantacinque gradi di novanta gradi vista frontale (mai dalla soggettiva del muro).

Ingoio tutto. Una singola boccata d’aria fresca. Immagini video professionali amatoriali occhi spenti da gemiti fasulli come la fame che mi stritola le budella.

È il continuo bisogno di erotismo che non è.

È la rivendicazione dell’immagine-corpo da esibire come prodotto culinario. Magari dietro una vetrata come manichini da pose anchilosate. L’emancipazione del corpo dal controllo spasmodico e repressivo.

La repressione mi stimola appetito. Gli istinti si devono pur assecondare.

Fame nevrotica mai sazia d’immagini a portata di clic.

Il super pranzo frugale la cena servita in riva al mare in cima al monte a bordo di una barca che non affonda mai al centro del lago tra grattacieli dai colori sfavillanti o in qualche bettola di periferia con l’oste che più lindo di così non si può.

Pasta al pesto pasta al ragù pasta all’aglio olio peperoncino bistecche da due spanne da tre spanne da cinque spanne di cavallo di vacca con contorno di patate fritte lesse al forno saltate costine di porco salami di tutte le misure piatti vegani linguine al sugo uova sbattute bollite fresche riso alla cantonese ai gamberi allo zafferano alle verdure in bianco in rosso in verde zuppe all’orzo al pesce ai piselli con la carne senza carne con l’aggiunta di spezie saporite ma anche no il pesce non lo mangio se non è appena pescato io lo voglio crudo tu lo vuoi cotto lei al sangue come la carne appena scottata.

Cibi mai assaggiati ma ben armonizzati in piatti che più piatti non si può. Gran bontà!

E ingoio tutto. Non mastico più. Non c’è tempo se ci si vuole rimpinzare. E poi via!

Faringe esofago stomaco intestino tenue duodeno digiuno ileo intestino crasso cieco colon ascendente colon trasverso colon discendente colon sigmoideo retto canale anale. È la catena di montaggio per immagini trite ritrite mal digerite poco assimilate defecate. Merda.

La produzione seriale dell’alienazione.

Rivendicazioni sindacale di un corteo muto alieno a sé stesso pronto a scendere in piazza per mostrare parti del corpo servite su piatti con cui sfamare quell’appetito che non ho.

Date da mangiare agli affamati.

Ingoierò parti di corpi pescati a caso nella rete lamentandomi per il filo di grasso rimasto incastrato tra i denti la prima volta in cui masticai.

Ci giocherò con la lingua, tanto non mastico più, rivendicando nella sfilata di immagini l’alienazione che mi spetta di diritto.

Pornocannibali di tutto il mondo unitevi.

Rivendicate il vostro banco da macellaio. Rivendicate la vostra vetrina per esporvi. Servendovi in un piatto che più piatto non si può.

Gran bontà!

DIAFONIE-copertina

Altre sorprese invece si possono trovare QUI